
Come parte del nostro AM Focus 2021 sulla sostenibilità, abbiamo esaminato come le stampanti 3D possono aiutare a rendere la generazione di energia più pulita ed efficiente. Un modo è aiutare lo sviluppo di centrali nucleari di prossima generazione, un altro è rendere la produzione di energia basata sui combustibili fossili più pulita ed efficiente. Un altro ancora è quello di aiutare a sviluppare sistemi di generazione di energia rinnovabile più efficienti. Un segmento in cui le applicazioni AM sono ancora difficili da trovare è l’energia geotermica. Ora Enel, la più grande azienda energetica in Italia (lo Stato italiano è il principale azionista con il 23%), attraverso la sua divisione Enel Green Powder, ha mostrato come le stampanti 3D possano aiutare gli impianti di energia geotermica a funzionare in modo più fluido ed efficiente, fornendo pezzi di ricambio a costi notevolmente ridotti.
La storia di successo ha recentemente coinvolto i laboratori metallurgici Enel di Santa Barbara a Cavriglia, vicino ad Arezzo, nell’ambito del progetto Geyser. Questo progetto è dedicato all’energia geotermica, una delle fonti rinnovabili in uso da più tempo; l’Italia – ed Enel Green Power – sono leader in questo campo.
L’obiettivo di Geyser è ottimizzare la gestione degli impianti geotermici, garantendone la sostenibilità e la piena funzionalità, aumentandone l’efficienza operativa e migliorando costantemente le proprie prestazioni tecniche e finanziarie, il tutto con la massima attenzione alla sicurezza e all’ambiente.
Il team che lavora al progetto ha organizzato una tavola rotonda di tecnici ed esperti dei settori geotermico, termico e idroelettrico. È qui che è nata l’idea di utilizzare per la prima volta una stampante 3D per riparare un componente essenziale di una centrale geotermica.
“Tutto è nato dalla nostra curiosità e voglia di utilizzare la stampante 3D che avevamo in casa”, ha dichiarato Nicoletta Mazzuca, Project Manager Geyser di Enel Green Power, che sta sviluppando circa 42 iniziative che coinvolgono oltre 80 persone. “Volevamo riparare parti che sarebbero finite nelle discariche perché non potevano essere riparate con le tecniche di forgiatura convenzionali. Ma, grazie alla passione, alla competenza e alla collaborazione dei nostri colleghi, abbiamo trovato una soluzione”.
La stampante 3D è fornita da Prima Additive ed Enel ha partecipato attivamente al suo sviluppo. La macchina LMD (Prima Additive offre anche la tecnologia Metal LPBF) si trova nei laboratori metallurgici di Santa Barbara, presso la sede di Engineering e Technical Support for Enel Production, ed è disponibile dal 2019. Questo strumento estremamente tecnologico è in grado di riprodurre e riparare varie parti metalliche depositando il materiale necessario uno strato alla volta.
“Il fatto che la stampante si trovi in un’area che dispone anche di un laboratorio di metallurgia fornisce un immenso valore aggiunto. In questo modo, il processo di produzione additiva può essere monitorato quasi in tempo reale, verificando le proprietà meccaniche, chimiche e metallurgiche degli articoli realizzati, così da poter contare anche su un feedback costante”, ha spiegato Giulio Andrucci, Technical Leader e coordinatore Laboratorio di metallurgia di Santa Barbara.
La stampante è stata utilizzata per riparare una girante, componente essenziale del compressore centrifugo di un impianto geotermico perché estrae i gas incondensabili dal vapore al termine del processo di espansione nella turbina. I gas incondensabili contengono particelle solide e goccioline d’acqua che urtano le lame, logorando l’esterno del profilo di aspirazione.
Il progetto pilota è iniziato con l’acquisto di una forma in polvere del materiale utilizzato per realizzare le giranti (acciaio inox 17-4 PH), seguito da scansioni laser e creazione del modello 3D. Il lavoro è stato svolto da un team guidato da Gennaro Raniello, Head of Hydro Maintenance Support – O&M Hydro Italy di Enel Green Power, e si è concluso con la prima storica riparazione di una parte usurata grazie a questa tecnologia. Il risultato è un’innovazione sostenibile che consentirà di mettere in moto un ciclo di riutilizzo dei materiali: fino ad ora le giranti usurate venivano semplicemente sostituite con nuove e finivano in discarica, quindi ripararle farà risparmiare anche circa 70.000 euro all’anno.
Il calcolo economico tiene conto del ripristino di quattro giranti su sei, in media, che si rompono ogni anno nei nostri impianti geotermici. Questa stima tiene conto del fatto che il danno potrebbe essere troppo significativo in alcuni casi, quindi due su sei potrebbero non essere affatto riparabili. “Dopo un anno di lavoro, siamo stati in grado di utilizzare processi di produzione additiva per riparare per la prima volta le nostre giranti. Non solo dà una seconda vita alle nostre giranti, ma ci fa anche risparmiare denaro nel rispetto dell’ambiente grazie alla circolarità al 100%. Sono onorato di aver partecipato alla creazione di questo innovativo processo di riparazione e vorrei ringraziare i miei colleghi per avermi insegnato così tanto in così poco tempo”, ha aggiunto Nicoletta Mazzuca.
“Il progetto Geyser ci ha permesso di far conoscere e condividere le competenze disponibili in diversi poli di eccellenza delle diverse filiere Enel in Italia”, ha spiegato Matteo Niccolai, Responsabile Manutenzione Officina e Servizi Tecnici – O&M Geo Italia di Enel Green Power. “L’idea di utilizzare la produzione additiva per risolvere uno dei problemi della catena di approvvigionamento di Geo è un esempio concreto dell’efficacia di condividere problemi e best practice trasversalmente all’interno dell’azienda, risolvendo criticità con l’aiuto di prospettive inedite”.
Una storia di successo che arricchisce ulteriormente la secolare storia della geotermia in Italia, dove EGP gestisce il più antico e innovativo complesso di centrali al mondo, con 34 impianti situati nelle province toscane di Pisa, Siena e Grosseto.