Cartilagine stampata in 3D per curare l’ernia del disco

Lo scorso aprile ho scritto un pezzo per 3Dprintingindustry.com su un nuovo metodo di biostampa 3D che potrebbe portare la cartilagine stampata più vicina alla realtà, soprattutto per quanto riguarda la cura dell’osteoartrite.
Per scriverlo ho fatto riferimento a un articolo molto dettagliato di Nanowerk, ma non sono riuscito a scoprire nulla su un argomento a cui io (e, immagino, molte persone come me) sono particolarmente interessato: questo stesso metodo potrebbe essere usato per trattare il mio mal di schiena lombare cronico e quindi le mie molteplici ernie/protusioni discali?
Il mal di schiena cronico colpisce il 60-70% della popolazione nei paesi industrializzati (ed è uno dei motivi più comuni per ottenere una ricetta per la marijuana medicinale in California) così, anche se l’artrosi è una preoccupazione più grave, ’ernia del disco è certamente un problema diffuso che dovrebbe essere affrontato .
Così ho provato a contattare l’autore dello studio, il dottor Rocky Tuan, Ph.D., direttore del Centro per l’Ingegneria Molecolare e Cellulare presso la University of Pittsburgh School of Medicine, che – come potete immaginare – è molto occupato. Però è riuscito a dedicarmi un po’ del suo tempo per rispondere alle mie domande, e la risposta è: sì, il suo metodo potrebbe essere usato anche per trattare il mal di schiena.
“La nostra tecnologia può avere applicazioni in varie malattie che comportano la degenerazione della cartilagine” , ha confermato, aggiungendo che lo sviluppo di uno strumento per rigenerare la cartilagine attraverso la biostampa 3D per riparare un disco generato “è assolutamente nella nostra agenda”.
I fumatori di erba della California possono inalare un sospiro di sollievo: secondo il dottor Tuan, lo stato della cartilagine stampata in 3D è ancora in una fase iniziale, pre-clinica. “Sono necessari ulteriori studi utilizzando modelli animali, per poi passare agli studi clinici”, spiega il Dr Tuan. “Ci vorranno poi almeno altri cinque anni di studi clinici controllati prima di passare alla sperimentazione sugli esseri umani”.
La cartilagine articolare, il tessuto che copre le estremità delle ossa lunghe, è un ottimo punto di partenza per capire come la biostampa 3D possa un giorno produrre tessuti organici umani. “[La cartilagine articolare ] è strutturalmente e meccanicamente unica, in quanto è costituita da un solo tipo di cellula, i condrociti, ed ha una matrice viscoelastica,” mi ha spiegato il Dott. Tuan . “Il nostro idrogel ‘fotoocrosslinkato’ produce un tessuto ingegnerizzato che imita il tessuto della cartilagine nativa, ed è quindi una tecnica promettente per la riparazione della cartilagine nelle malattie degenerative, come, appunto, l’artrosi.”
Il principale limite per la produzione di tessuti e organi umani funzionanti è l’annosa questione della “multimaterialità”. Prima che la stampa 3D possa davvero diventare una tecnologia matura bisogna essere in grado di creare slice (strati) composti da più materiali. E questo vale sia per i prodotti di tutti i giorni che per i tessuti biologici.
Il metodo del dottor Tuan accelera i tempi per la biostampa di cartilagine funzionale utilizzando la luce visibile, che è biocompatibile, invece di UV potenzialmente dannosi, per fotopolimerizzare il tessuto. “Questo dovrebbe migliorare la salute e la funzionalità a lungo termine del tessuto ingegnerizzato,” spiega il Dr. Tuan.
“I tessuti ingegnerizzati tradizionali solitamente utilizzano un’impalcatura formata da materiali biocompatibili sulla quale “allevare” le cellule desiderate. Questo è un processo inefficiente e incompleto, che spesso cause irregolarità e difetti nel tessuto cellulare. Nel nostro metodo, le cellule vengono prima sospese nella soluzione polimerica. Questa poi viene fotopolimerizzata con le cellule già incorporate, con conseguente distribuzione omogenea delle cellule”.
Ci vorrano ancora degli anni ma vi assicuro che, per quanto complesso, tutto questo già suona molto meglio di qualsiasi cosa io abbia mai sentito finora, da: “Vieni che ti tagliamo subito” a “non c’è niente che si possa fare per curare il mal di schiena cronico”.