TU Graz sviluppa la nuova tecnologia SLEDM con LED come fonte di alimentazione

Nota con l’acronimo SLEDM (Selective LED based Melting), una nuova tecnologia sviluppata presso l’Università di Graz utilizza LED anziché laser o sorgenti di fascio di elettroni per la produzione additiva di parti metalliche. Il processo ottimizza la stampa 3D in metallo in termini di tempi di costruzione, consumo di polvere di metallo, costi delle attrezzature e sforzi di post-elaborazione.

Sviluppata da un team guidato da Franz Haas (foto), capo dell’Institute of Production Engineering di TU Graz, la tecnologia in attesa di brevetto è simile alla fusione laser selettiva (SLM) e alla fusione di fascio di elettroni (EBM). Tuttavia, SLEDM risolve due problemi centrali di questi processi di produzione basati sul letto di polvere: il tempo necessario sia per la produzione di componenti metallici di grandi volumi sia per la post-elaborazione manuale.
Stampa più veloce
A differenza dei processi SLM o EBM, il processo SLEDM utilizza un raggio LED ad alta potenza per fondere la polvere di metallo. I diodi emettitori di luce utilizzati a tale scopo sono stati appositamente adattati dallo specialista dell’illuminazione Preworks e dotati di un complesso sistema di lenti mediante il quale il diametro della messa a fuoco a LED può essere facilmente modificato tra 0,05 e 20 millimetri durante il processo di fusione. Ciò consente la fusione di volumi maggiori senza dover rinunciare a strutture interne in filigrana, riducendo così i tempi di produzione di componenti per celle a combustibile o tecnologia medica.
Post-elaborazione in situ
Questa tecnologia è combinata con un’architettura di produzione di nuova concezione che, a differenza di altri sistemi di fusione dei metalli, fa crescere il componente dall’alto verso il basso. Il componente viene così esposto, la quantità richiesta di polvere viene ridotta al minimo e la post-elaborazione necessaria può essere eseguita durante il processo di stampa. “La lunga e solitamente manuale rielaborazione con i metodi attuali, (come levigare le superfici ruvide e rimuovere le strutture di supporto) non è più necessaria e consente di risparmiare ulteriore tempo prezioso”, ha affermato Haas. L’Institute of Production Engineering e l’Institute of Materials Science, Joining and Forming stanno attualmente lavorando intensamente alla creazione del proprio laboratorio di produzione additiva, AddLab@tugraz, guidato dal Professor Hass.
Dall’uso medico alle batterie
Il processo SLEDM è già stato preso in considerazione nel K-Project CAMed dell’Università medica di Graz, (dove il primo laboratorio per la stampa 3D medica è stato aperto nell’ottobre 2019) e verrà utilizzato per produrre impianti metallici bioriassorbibili, vale a dire preferibilmente viti in leghe di magnesio utilizzate per le fratture ossee.
Questi impianti si dissolvono nel corpo dopo che la frattura è guarita così da scongiurare una seconda operazione, spesso molto stressante per le persone. Grazie a SLEDM, la produzione di tali impianti sarebbe possibile direttamente in sala operatoria, perché “una luce a LED è naturalmente meno pericolosa per il funzionamento rispetto a una potente sorgente laser”, ha affermato Haas.
Il secondo obiettivo è la mobilità sostenibile, ovvero la produzione di componenti come piastre bipolari per celle a combustibile o componenti per sistemi di batterie. “Vogliamo rendere la produzione additiva più economicamente sostenibile per la mobilità elettrica e posizionare SLEDM in una fase iniziale di questo campo di ricerca”, ha concluso Haas, che produrrà un prototipo commercializzabile di questa stampante 3D in metallo – “made by TU Graz” – nella prossima fase di sviluppo: un’ulteriore innovazione nell’ambiente universitario.