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Volkswagen inaugura il nuovo Innovation and Engineering Center California e svela il suo van hippie stampato in 3D

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Il Volkswagen Group America, ex Electronics Research Laboratory (ERL) è in procinto di evolversi nel nuovo Innovation and Engineering Center California (IECC). Lo IECC sarà la più grande struttura di ricerca sui veicoli Volkswagen fuori dalla Germania (e conterrà naturalmente tante stampanti 3D ) e fungerà da centro nevralgico per l’espansione delle risorse ingegneristiche dell’azienda in Nord America, favorendo una maggiore innovazione per quanto riguarda le tecnologie automobilistiche che più si avvicinano alla clientela statunitense. L’evento è stato celebrato con la presentazione del Type 20, un veicolo concept unico che combina il retaggio di Volkswagen con tecnologie futuristiche: si tratta, in altre parole, del tanto agognato van hippie elettrico e stampato in 3D.

Sviluppato a partire dal microbus Type 2 del 1962 con 11 finestrini, il Type 20 è stato convertito all’alimentazione elettrica e vanta una serie di elementi sperimentali, sia in termini di oggetti tattili, che di componenti elettronici interattivi. Questo concept unico incarna la storia del Volkswagen Group in cui l’innovazione futura si combina con il retaggio iconico, proprio come per l’imminente ID. BUZZ.

“Il futuro del Volkswagen Group sarà definito dal nostro successo nello sviluppo di nuove tecnologie concepite per soddisfare le esigenze dei nostri clienti,” ha affermato Scott Keogh, Presidente e CEO del Volkswagen Group America. “Con il lancio di veicoli elettrici ed autonomi di nuova generazione, sarà l’innovazione a definire gradualmente la nostra identità.”

L’ERL è stato per più di 20 anni un centro di snodo per la ricerca e l’innovazione del Volkswagen Group nella Silicon Valley. Nell’anno della sua fondazione, nel 1998, aveva solo tre dipendenti per poi raggiungerne più di 180 tra ingegneri, scienziati sociali, ricercatori e progettisti di prodotti. Negli ultimi due decenni, il campus ha aiutato a sviluppare diverse tecnologie chiave per i veicoli, come la navigazione predittiva e la dettatura vocale online, insieme a impressionanti dimostrazioni tecniche, come il caso di “Stanley”, la prima auto robotica a completare la DARPA Grand Challenge nel 2005 percorrendo ben 132 miglia (oltre 210 Km) di deserto senza l’intervento umano.

Il IECC comprenderà due entità: l’Innovation Center California (ICC) e l’Engineering Center California (ECC). L’ICC è uno dei tre centri globali di Group Innovation che si occuperanno dei principali “progetti faro” e si concentreranno su ambiti di ricerca bilaterali e pre-sviluppo per i marchi del  VW Group. L’ECC si concentrerà invece sull’automobile connessa, sul cockpit intelligente e sui progetti di sviluppo autonomo di guida e parcheggio nella regione nordamericana.

Stampa 3D, con un po’ d’aiuto dai miei amici

Lavorando con i software Autodesk e ParaMatters, i progettisti Volkswagen hanno creato ruote costumizzate, supporti per specchietti retrovisori ed elementi di supporto interiori usando il design generativo: un processo incentrato sulla massima resa della robustezza riducendo al minimo il peso, il quale imita l’evoluzione naturale per creare forme organiche. In particolare, le parti Autodesk sono state progettate dal noto esperto e divulgatore di Autodesk Fusion 360 Paul Sohi, mentre il test di sostituzione del supporto della staffa dello specchietto (quello in plastica oltre al metallo) nella foto in basso (pubblicato anche in un report di SlashGear) è stato progettato utilizzando CogniCAD, come confermato a 3dpbm dal co-fondatore di ParaMatters, Michael Bogomolny.

Le parti sono state generate attraverso un software AI e quindi prodotte con stampa 3D, l’unica tecnologia che rende fattibile la realizzazione di parti geometricamente tanto complesse. In un progetto simile, Autodesk aveva collaborato con General Motors alla stampa di parti generative in metallo, mentre Ford si è affidata alla tecnologia Carbon per le parti in plastica delle auto.  L’aspetto dei pezzi generativi conferisce al van un aspetto psichedelico.

Per rendere le cose ancora più “stravaganti”, il sistema di infotainment olografico del van è dotato di un display olografico Looking Glass II integrato nel cruscotto del Type 20, che genera immagini 3D senza la necessità di occhiali speciali.

“Siamo entusiasti di passare al nostro prossimo capitolo come IECC, per continuare a progettare innovazioni che porteranno i veicoli del Volkswagen Group nel futuro con una tecnologia all’avanguardia,” ha affermato Nikolai Reimer,  Vice Presidente Senior di IECC. “Il Type 20 è un fantastico esempio di come celebriamo il nostro retaggio mentre facciamo del nostro meglio per migliorare la nostra tecnologia.”

Un van a tutta tecnologia

Il Type 20 presenta un sistema di trasmissione BEV completo, compreso di batteria da 10 kWh, caricabatterie da 2,500 Watt e un motore elettrico che produce 120 cavalli e un momento torcente du 173 lb-ft. Esso è inoltre dotato di una sospensione pneumatica attiva progettata su misura, sviluppata con Porsche, che regola l’altezza di guida del veicolo tramite software. Ciò consente al Type 20 di alzarsi all’avvicinarsi del conducente.

Nell’ambito dei suoi esperimenti in termini di accesso biometrico, il Type 20 include un sistema di riconoscimento facciale in tempo reale integrato con l’assistente digitale per l’iscrizione e l’identificazione degli utenti. Il sistema sfrutta una telecamera grandangolare da 720p integrata al secondo finestrino del conducente. Il riconoscimento avviene  tramite il Sensory SDK, in esecuzione in tempo reale su un pacchetto di prototipazione Nvidia Jetson TX2.

Infine, il Type 20 integra microfoni direzionali in tre zone del veicolo: esterno anteriore, cabina di guida e zona passeggero posteriore. Un agente vocale intelligente si basa sulle funzionalità vocali esistenti del gruppo e può ricevere comandi di linguaggio più naturali. Il sistema fornisce inoltre un feedback LED ai comandi esterni tramite i fari e l’iconico logo Volkswagen.

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Davide Sher

Sono un giornalista professionista iscritto all'ODG dal 2002 e mi sono sempre occupato di comunicazione trade. Per 10 anni ho redatto una testata dedicata al mercato dei videogiochi e successivamente ho partecipato alla creazione del primo iPad magazine dedicato all'elettronica di consumo. Dal 2012, mi occupo esclusivamente di stampa 3D/manifattura additiva, che vedo come la più affascinante e reale delle tecnologie oggi agli albori ma che plasmeranno il nostro futuro. Ho fondato Replicatore.it nel 2013 e ho scritto come blogger per diversi siti internazionali. Nel 2016 ho fondato la mia società 3dpbm (www.3dpbm.com), con base a Londra, che offre servizi di supporto alle aziende che vogliono comunicare, sia in Italia che nel mondo, i loro prodotti legati alla manifattura additiva. Oggi pubblichiamo diverse testate internazionali tra cui 3D Printing Media Network (il nostro sito editoriale internazionale), 3D Printing Business Directory (la più grande directory al mondo di aziende legate alla stampa 3D), Replicatore.it, Replicador.es e 3D Printing Media Network Chinese Version.

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