Una base sulla Luna, stampata in 3D

Cos’hanno in comune l’Agenzia Spaziale Europea (ESA), Apple, lo studio d’architettura Foster + Partners, la società di ricerca aerospaziale Alta SpA, l’università d’ingegneriaScuola Superiore Sant’Anna di Pisa e la stampante 3D D-Shape? La risposta non è tra le più ovvie ma è sicuramente entusiasmante: sono tutte coinvolte in un progetto concreto per colonizzare la Luna.
L’idea è di stampare in 3D una base lunare e, per quanto possa sembrare solo una buona trama per un film di fantascienza, in realtà è un progetto reale e il coinvolgimento diretto del famoso studio Foster + Partners (che ha realizzato il design del futuristico campus di Apple a forma di disco volante e dell’altrettanto avveniristico Spaceport America, l’aeroporto per i voli spaziali turistici della Virgin Galactic) ne conferma la fattibilità, anche in tempi non eccessivamente lunghi.

FANTAREALTÀ
Gli sviluppi nel campo della stampa 3D stanno procedendo così rapidamente che neanche i film di fantascienza riescono a stargli dietro. Si tratta di un processo produttivo che è già realtà a molti livelli (industriale, artistico, consumer,) e la possibilità di stampare in 3D interi palazzi non è una novità. Non solo: in un esperimento separato, gli scienziati hanno dimostrato che è possibile utilizzare il terriccio lunare per creare strutture sufficientemente resistenti, quindi, visto che la tecnologia – la stampante 3D robotizzata D-Shape dell’inglese Monolite – esiste già, la questione è solo logistica.
Il che non è poco. L’ESA, l’agenzia spaziale europea, ha quindi fondato un consorzio per valutare l’intero processo. Il presupposto, però, è che sarà molto più semplice per gli astronauti allestire la struttura robotica sulla Luna e poi aspettare che la base si costruisca da sola (o al massimo con un numero minimo di persone a supervisionare il processo) per poi stabilirsi comodamente al suo interno.

AVEVA UNA CASETTA PICCOLINA SULLA LUNA…
Altre questioni riguardano la necessità di operare alle condizioni durissime dell’ambiente lunare: gravità minima e temperature estreme. Eppure anche questi aspetti non sembrano insormontabili, anzi. Il sistema D-Shape è formato da una cornice larga sei metri su cui opera un tubo che si sposta avanti e indietro per stampare le pareti e l’intelaiatura interna (proprio come la testina di una stampante inkjet). Per ottenere il materiale con cui stampare gli edifici verrà utilizzato il terriccio lunare liquefatto con ossido di magnesio, a cui verrà poi applicato un sale per solidificarlo. Al momento il sistema è in grado di costruire 2 metri di parete all’ora ma i nuovi modelli in sviluppo arriveranno a 3,5 m/h. Il che permetterebbe di completare un intero edificio nel giro di una settimana.

L’aspetto più delicato riguarda l’applicazione dei materiali in forma liquida: nel vuoto il rischio è che si disperdano prima di posarsi e solidificarsi. Qui entra in gioco la società italiana Alta, che, insieme alla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, ha ideato un sistema per sfruttare le forze capillari del suolo e stampare in 3D anche nel vuoto. Per simulare il comportamento del terriccio lunare è stata utilizzata la roccia basaltica dell’Etna, che ha una composizione quasi identica a quella del suolo lunare (e chi è stato sull’Etna lo sa bene).
Se i futuri studi daranno i risultati sperati, la base sarà situata presso il polo sud della Luna dove la presenza costante del sole rende le temperature meno rigide. Un razzo trasporterà 4 persone e la stampante D-Shape sulle superficie lunare, insieme a un guscio gonfiabile a forma di cupola che li proteggerà da meteoriti, radiazioni gamma e dalla fluttuazione delle temperature durante la costruzione. La cupola verrà utilizzata come base su cui appoggiare la struttura rigida definitiva, disegnata da Foster + Partner in modo da ottimizzarne la geometria, basandosi su forme naturali organiche che ricordano le ossa dei volatili.