Un respiro donato da uno splint stampato in 3D

Erano gli inizi degli anni ´80 quando Hull costruì la prima stampante 3D al mondo, allora Star Trek era di moda nelle sale cinematografiche e, come il film, anche l’invenzione della stampa 3D sembrava qualcosa di fantascientifico. In realtà essa si è rivelata una delle più grandi scoperte degli ultimi 30 anni: ha rivoluzionato il modo di immaginare, progettare e realizzare oggetti dall’ambito alimentare a quello spaziale, da quello edilizio a quello medico. É soprattutto in quest’ultimo settore, grazie all’estrema capacità di adattamento e di personalizzazione degli oggetti 3D printed per le singole esigenze, che la ricerca biomedicale ha fatto enormi progressi.
A tal proposito un’altra chiave di volta è stata posata per aiutare i più piccoli affetti da Tracheobronchomalacia (TBM), condizione patologica che si verifica quando le pareti delle vie respiratorie sono malate, la cartilagine è flaccida con conseguente occlusione della trachea e dei bronchi durante il respiro.
Circa 1/2200 neonati è affetto da TBM; per tale motivo, il dottor Glenn Green, specialista pediatrico in otorinolaringoiatria e ricercatore presso l’università del Michigan, ha messo a punto, assieme al suo team di ricercatori, una nuova tecnica utilizzando la stampa 3D:
ha creato degli SPLINT, placche di sostegno, (nella foto a fianco) da impiantare sui bronchi malati dei bambini affetti di questa patologia.
Gli aspetti innovativi e rivoluzionari di questa scoperta sono molteplici, primi fra tutti la capacità di soddisfare tutti i principi di biocompatibilità:
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Anatomica, in quanto attraverso l’analisi delle immagini rilevate con tomografia computerizzata dal singolo paziente, vengono ottenute le dimensioni corrette per lo splint da stampare ed impiantare sui bronchi nel piccolo ricevente;
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Biologica, grazie all’impiego per la realizzazione di un poliestere alifatico: il policaprolattone (PLC) biomateriale altamente biocompatibile e bioriassorbibile, quindi ben tollerato dell’organismo;
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Funzionale, lo splint espande le vie respiratorie e consente il loro rinforzo crescendo di pari passo con esse e dissolvendosi in circa tre anni dall’impianto, età entro la quale si ha la completa guarigione del bambino, in questo modo il bambino non deve subire una seconda operazione.
È anche sorprendente il costo di questi dispositivi costruiti ad hoc per il singolo paziente: vengono spesi infatti solo 10 $ per la realizzazione del singolo splint!
Ad oggi, già tre bambini, Kaiba, Ian e Garret (nelle foto sotto), hanno partecipato con estremo successo e completa guarigione al primo trial clinico. Tra i tre, Il piccolo Garret era stato considerato incurabile dai dottori con le tradizionali tecniche, ma entrando nel trial del dottor Green ha trovato la cura alla sua malattia.
È vedendo questi successi che il team dell’università sta lavorando con l’FDA (food and drug administration) per poter impiantare gli splint ad altri 30 bambini.
L’obiettivo di questa sperimentazione è quello di provare che questo metodo innovativo è valido tanto quanto le procedure standard utilizzate finora.
Inoltre, questa scoperta fornisce spunti per la riflessione sui vantaggi offerti dall’utilizzo della stampa 3D:
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i bassi costi per la realizzazione degli splint garantirebbero una maggiore accessibilità alle cure mediche per una fascia di popolazione mondiale più ampia;
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i dispositivi impiegati verrebbero costruiti su misura a seconda delle esigenze.
Una tecnologia che sembra avere tanti pro e nessun contro, un bene per l’intera umanità acchè le venga dato credito. E noi siamo qui per questo, per trasformare queste parole in una presa di coscienza per diffondere le grandi opportunità offerte dalla stampa 3D al servizio della salute dell’uomo.
Giuliana Maugeri – Open BioMedical Initiative