Un po’ di storia della stampa 3D a estrusione
In questo articolo rivediamo le fasi (e i protagonisti) che hanno portato la tecnologia FDM a diventare una delle tecnologie additive più conosciute e utilizzate a livello professionale e non

Com’è nata la tecnologia FDM? Beh, è nata da un’idea e, più precisamente, il suo inventore è S. Scott Crump, che nel 1989 ha sviluppato e brevettato la tecnologia per creare oggetti tridimensionali fondendo, estrudendo, depositando e quindi modellando un filamento termoplastico: Fused Deposition Modeling, appunto.
Questi sotto sono i disegni descrittivi della tecnologia depositati con il brevetto (US5121329A). Nei disegni si possono vedere i primi sistemi di estrusione e di movimentazione e con i primi sistemi di controllo.
Con questo brevetto inizia la storia dell’FDM e della prima azienda che iniziò a produrre e commercializzare le prime macchine: Stratasys. Fondata sempre da Scott Crump, e da sua moglie Lisa Crump, nel 1989, da lì in poi Stratasys inizia un lavoro di ricerca e nel 1991 presenta il primo prototipo di stampante 3D FDM. Poi, nel 1992. L’azienda presenta il primo sistema che venne poi commercializzato: il 3D Modeler.

Stratasys avviò quindi, dal 1992 al 2009, lo sviluppo e la vendita di tutti i modelli di stampante 3D FDM, avendo l’esclusiva grazie al brevetto di Scott Crump. Il brevetto principale, però, dopo una durata di vent’anni è scaduto precisamente nel 2009 e questo ha permesso l’inizio della vera diffusione della stampa 3D, allargando il potenziale bacino di utenza dalle industrie più avanzate a professionisti e persino consumatori.
Il progetto RepRap
Già dal 2005 però si stava muovendo qualcosa, precisamente nell’università di Bath dove l’ingegnere Adrian Bowyer ha fondato il progetto Reprap (https://reprap.org/wiki/RepRap). Il progetto consisteva nella costruzione di una stampante 3D a basso costo che permetteva poi di stampare tutta la componentistica per costruire un’altra stampante 3D. Dal 2009 il progetto reprap divenne pubblico e open source e vennero resi pubblici i primi progetti per realizzare i primi modelli di stampante Reprap, (in realtà nel 2009 il team Reprap aveva già sviluppato con successo diversi modelli che vennero poi resi pubblici dopo la scadenza del brevetto Stratasys).
Grazie quindi al progetto Reprap, alla filosofia open source, e alla nascita di una community globale che contribuì allo sviluppo di nuovi modelli e al miglioramento di quelli esistenti, sono emerse moltissime nuove aziende.
Anche se Stratasys non detiene un copyright sul nome FDM, solitamente, quando ci si riferisce alla tecnologia utilizzata in modo generico, si usa l’acronimo FFF, che sta per Fused Filament Fabrication. Il processo è sempre lo stesso: un estrusore controllato da un sistema meccanico scioglie, estrude e deposita il filamento termoplastico su un piano, “disegnando” i vari strati (layer). L’estrusore si muove in 3 dimensioni (X, Y e Z) in base alle istruzioni fornite da un file CAD e la geometria ottenuta attraverso la creazione di un Gcode mediante un software di slicing.

Alcune di queste prime aziende che hanno portato la tecnologia FFF a un target più allargato, realtà come Prusa, Makerbot e Ultimaker, sono diventate delle importanti società internazionali. Altre, come le italiane WASP, Kentstrapper o Sharebot, per fare un esempio nostrano, sono rimaste principalmente piccole (o medie) realtà nazionali (anche se va detto che WASP ha costruito una visibilità internazionale importante) ma sono comunque state tra i pionieri assoluti nel rendere la stampa 3D più accessibile che mai e avviare una nuova era per la manifattura.
Negli anni successivi si sono affermate grandi realtà che fanno uso della tecnologia FDM/FFF e che hanno ottimizzato i processi arrivando fino a dove siamo oggi.

La realtà dell’FFF
La storia dell’FDM/FFF continua poi con eventi esaltanti e a volte anche paradossali. Per esempio, Stratasys, l’azienda che ha inventato la tecnologia, ha comprato Makerbot – che allora era ancora una piccolissima realtà in forte crescita – per la cifra incredibile di $400 milioni nel 2014 (rendendo molto ricco il suo fondatore, l’insgnante Bre Pettis, che da allora si è allontanato completamente dal mondo della stampa 3D). Poco dopo, le azioni di Stratasys – e di tutte le aziende della stampa 3D – sono crollate per lo scoppio di una bolla finanziaria. Le stampanti di Makerbot, che dovevano arrivare a milioni di persone si sono scontrate con i limiti tecnici della tecnologia, e il marchio ha perso quasi tutto il suo valore (comunque molto gonfiato). E questa operazione è costata il posto all’allora CEO di Stratasys David Reis.
Anche 3D Systems, l’azienda nata dall’invenzione della stereolitografia (ma quella è un’altra storia), si è scottata inizialmente con il sogno di una stampa 3D a filamento per tutti. All’inzio dello scorso decennio, l’azienda ha investito svariati milioni nello sviluppo e marketing delle stampanti 3D Cube, mirate a un pubblico di consumatori. Ma queste, nonostante un grande livello di ingegnerizzazione, si sono rivelate dei flop totali, incapaci di realizzare profitti nonostante prezzi comunque troppo alti per i consumatori. Anche in questo caso il disastro “Cube” ha contribuito a far crollare le azioni della società e ha poi portato a un cambio al vertice con l’addio del CEO Avi Reichental.
Oggi invece Makerbot sta vivendo un revival. Stratasys non ha mai abbandonato il marchio e lo ha utilizzato per definire una linea di stampanti più accessibili rispetto alle Fortus di livello industriale. Intanto aziende come Ultimaker – fondata dai membri di un Fablab di Utrecht, hanno continuato a crescere fornendo soluzioni accessibili ma anche affidabili per realizzare prototipi. Oggi le due aziende si sono fuse e rappresentano una realtà internazionale solida, nota con il nome UltiMaker.

Altri, come Prusa (che nasce in Repubblica Ceca) o BCN3D (con base a Barcellona), o Lulzbot in Colorado (che però nel frattempo ha superato un periodo con grandi problemi finanziari), hanno continuato per anni a crescere organicamente sulle ali dell’entusiasmo di community di utenti appassionati. Nel caso di Prusa, il fondatore e CEO Josef Prusa, può essere considerato uno dei veri guru della stampa 3D FFF e della community open source e viene quasi venerato dai membri della community di utilizzatori di sistemi Prusa.
Estrusione su scala industriale
Mentre Ultimaker, Makerbot e Prusa hanno sempre avuto come target i professionisti o le realtà di progettazione e prototipazione, offrendo sistemi con prezzi che variano da un paio di migliaia di dollari/euro a meno di $/€10,000, negli anni sono nate anche altre realtà che invece puntano a competere direttamente con Stratasys puntando agli utenti industriali.
Ci sono svariate decine di aziende di questo tipo nel mondo (nella nostra directory ne elenchiamo 114, includendo anche quelle che estrudono materiale direttamente in pellet). Società come la cinese Raise3D, l’americana Essentium, la turca Loop3D, l’austriaca HAGE3D, l’olandese Builder, e molte altre offrono sistemi che possono costare anche più di $50,000-$100,000 e sono in grado di stampare con materiali ad alta performance e ad alta temperatura.

Anche in questo caso, anzi forse soprattutto in questo caso, le aziende italiane si sono messe in evidenza. Due società in particolare, 3ntr e Roboze, hanno costruito negli anni sistemi FFF industriali che rappresentano i principali sfidanti al dominio di Stratasys.
E alla fine la stampa 3D arrivò ai consumatori
Quando le prime Reprap arrivarono sul mercato, già si immaginava che le stampanti 3D, dopo essere passate da costare milioni di dollari a decine di migliaia ed infine, proprio grazie al progetto Reprap appunto, intorno a un migliaio di dollari, prima poi sarebbero arrivate a costare solo un paio di centinaia di dollari.
Oggi, circa 10 anni dopo, è proprio così. In realtà le stampanti 3D sotto ai 500 euro sono arrivate quasi subito ma avevano grossi problemi di affidabilità. Grazie ai produttori cinesi, in particolari gli attuali leader di questo segmento di mercato, Creality e Anycubic, oggi è possibile acquistare una stampante 3D, di buone dimensioni e ottima affidabilità per poco più di 200 dollari/euro. Avere una stampante 3D in casa non è certo per tutti, e il più grande limite resta ancora sapere cosa stampare o riuscire a creare oggetti utili da stampare, però di sicuro – lo dicono anche i nostri dati sul mercato globale della stampa 3D di polimeri – ci sono molti milioni di persone nel mondo che oggi hanno una stampante 3D in casa.

Se volete approfondire l’argomento ulteriormente sul sito ufficiale Reprap ci sono moltissime informazioni a riguardo. Inoltre per i più tecnici consiglio di andare a vedere il sito: https://patents.justia.com/assignee/stratasys-ltd dove si possono trovare tutti i brevetti depositati da stratasys dal primo all’ultimo.