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Spazio, studenti stampano in 3D in remoto su un razzo NASA

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Se pensavate che fosse complicato lanciare e seguire una stampa 3D in remoto, date un’occhiata all’ultimo progetto nello spazio di un gruppo di studenti di ingegneria della Virginia Tech. Gli studenti hanno stampato in remoto il proprio logo, a bordo del missile suborbitale Terrire-Improved Malemute della NASA.

Questo esperimento con la stampa 3D nello spazio segue il successo dell’installazione di una stampante 3D  zero G sulla ISS, da parte di Made in Space, e successivamente la stampa di un oggetto al di fuori della stazione orbitante.

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La differenza  è che il progetto degli studenti di Virginia Tech – parte del programma  RockSat-X – testerà come una stampante 3D possa sopravvivere ad un viaggio di 100 miglia sopportando da  20 a 40 G di accelerazione (cioè da 20 a 40 volta la forza della gravità sulla Terra), con una velocità fino a 3.800 miglia orarie.

Parti di ricambio nello spazio

La macchina costruita dagli studenti –costata circa 2.000 dollari –  è stata usata per stampare in 3D il logo dell’università. Si tratta di un primo esperimento sulle possibilità future di stampare in 3D parti di ricambio nello spazio durante missioni spaziali di lunga durata..

“Volevamo essere i pionieri  in questo e diventare I primi ad affrontare il problema,” ha detto  il leader del gruppo  RockSat-X della Virginia Tech  Sebastian Welsh. “Ci sono un sacco di opportunità oltre a questa – ha aggiunto parlando della stampa 3D in generale – nel futuro quando si svilupperà la stampa 3D. Intravediamo già moltissimi benefici come la replicazione delle parti e la riparazione di componenti direttamente nello spazio. Per esempio, se  una parte nello spazio si rompe durante una missione per Marte o su ISS, ci vuole parecchio tempo e denaro per fornire le nuove parti agli astronauti, sempre che sia possibile farlo, ma se c’è un modo per produrre la parte a bordo della navicella questo  renderebbe le riparazioni più facili e potenzialmente aiutare a salvare le missioni.”

Il progetto – diretto dal membro della facoltà Kevin Shinpaugh – ha coinvolto  20 studenti del dipartimento di ingegneria, tutti in collaborazione con il Center for Space Science and Engineering Research, (o Space@VT) della Virginia Tech. Il team è co-capitanato da  John Mulvaney, del dipartimento di ingegneria aerospaziale e oceanica.

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Un piccolo passo nello spazio per una stampante 3D

Un computer a bordo ha registrato i dati sulla temperatura, la pressione e l’accelerazione, mentre una videocamera ha permesso di seguire l’effettiva  stampa 3D. Dopo l’ammaraggio il gruppo ha ricevuto i dati che sono stati analizzati per trovare microscopiche differenze con le parti stampate in 3D sulla Terra.

VT rocket 3D printer3L’architettura delta delle stampanti 3D ha già avuto parecchi stress test presso le strutture della NASA. I test sono stati poco costosi poiché sono stati usate parti prodotte dagli studenti e componenti standard. Sebbene il peso sia stato mantenuto ad un minimo di 30 libbre, lanciarlo nello spazio è costato circa 24,000 dollari. I costi sono stati coperti dalla società di ingegneria A.I. Solutions, dal dipartimento di ingegneria aerospaziale e oceanica della Virginia Tech, e dal Council degli studenti di ingegneria della Virginia Tech.

Il progetto fa parte anche dell’iniziativa dell’agenzia DARPA (Defense Advanced Research Projects Agency),  per permettere agli astronauti di costruire nello spazio “nuovi” satelliti usando parti “spazzatura” da satellite dismessi, modificando le parti con altre stampate 3D.

Ci vorrà ancora molto tempo prima che questo piccolo logo stampato 3D diventi un componente solido che possa essere auto-assemblato durante un viaggio spaziale, assicurando l’integrità per missioni a lungo raggio.

Come una volta disse un saggio, anche un viaggio da un milione di miglia comincia con un primo passo.

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Davide Sher

Sono un giornalista professionista iscritto all'ODG dal 2002 e mi sono sempre occupato di comunicazione trade. Per 10 anni ho redatto una testata dedicata al mercato dei videogiochi e successivamente ho partecipato alla creazione del primo iPad magazine dedicato all'elettronica di consumo. Dal 2012, mi occupo esclusivamente di stampa 3D/manifattura additiva, che vedo come la più affascinante e reale delle tecnologie oggi agli albori ma che plasmeranno il nostro futuro. Ho fondato Replicatore.it nel 2013 e ho scritto come blogger per diversi siti internazionali. Nel 2016 ho fondato la mia società 3dpbm (www.3dpbm.com), con base a Londra, che offre servizi di supporto alle aziende che vogliono comunicare, sia in Italia che nel mondo, i loro prodotti legati alla manifattura additiva. Oggi pubblichiamo diverse testate internazionali tra cui 3D Printing Media Network (il nostro sito editoriale internazionale), 3D Printing Business Directory (la più grande directory al mondo di aziende legate alla stampa 3D), Replicatore.it, Replicador.es e 3D Printing Media Network Chinese Version.

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