Meg Industry spiega come usa la stampa 3D a polvere nella produzione di componenti penumatici per automazione e industria navale

Un po’ alla volta tutti i più grandi settori industriali stanno scoprendo le possibilità che la stampa 3D offre in termini di rapidità, efficienza, ottimizzazione dei processi, dei componenti e persino dei costi. Questo avviene grazie a imprenditori pionieri che iniziano a sperimentare in modo innovativo e – regolarmente – ottengono risultati sorprendenti. Ora questa rivoluzione è in atto nell’industria marittima, in particolare in ambito oleoidraulico, come 3dpbm ha ampiamente documentato nello speciale AM Focus recentemente pubblicato sul sito internazionale 3D Printing Media Network. Abbiamo quindi colto l’occasione di confrontarci con Meg Industry, una realtà che sta già mettendo in pratica i processi di manifattura additiva in questo settore.
Nata nel 2000, Meg Industry occupa attualmente 35 dipendenti nella sede di Monfalcone e nei diversi cantieri in Italia e all’estero. L’azienda si rivolge a una vasta gamma di settori, tra cui costruzioni navali, impianti industriali e civili, impianti oleodinamici, impianti elettrici, impianti speciali e commissioning. In molti di questi segmenti, Meg Industry ha già introdotto la manifattura additiva a vari livelli, per produzione di componenti finali, metal replacement, prototipazione e anche modellazione. Come? Ce ne parla in questa intervista il responsabile del design additive, Gianluigi Batzu.
Come avete introdotto l’approccio additivo alle applicazioni per produzione di componenti finali?
“L’idea è stata questa: abbiamo una sezione che nel nostro gruppo si occupa anche di pneumatica e quindi vantiamo un’esperienza importante. La pneumatica è un settore molto tradizionale, anche a livello mondiale, quindi vengono utilizzati i materiali più classici, in primis l’alluminio e l’acciaio. Abbiamo quindi cominciato a pensare di ingegnerizzare e sostituire determinate parti, fatte in questi due materiali, tramite la stampa 3D a base polimerica, ottenendo tutta una serie di vantaggi che sono quelli che solitamente l’additivo, intrinsecamente, porta con sé, a partire dalla velocità di produzione, passando per la personalizzazione e l’annullamento degli stock di magazzino.”
Quindi Le performance dei componenti in plastica non risultano inferiori a quelle in metallo?
“Tutt’altro, anzi spesso abbiamo migliorato le performance del componente. Per performance si intende sia in termini di utilizzo, sia per il peso ridotto, che comporta anche risparmi energetici. Questa è stata l’idea iniziale e la provocazione tecnologica che abbiamo portato ad Hannover, in una fiera legata all’automazione industriale, dove un padiglione intero era legato alla pneumatica tradizionale. Ci siamo fatti trovare con questa storia che ha colpito fortemente i grandi player del i quali si sono rivolti a noi per capire quali sono state le nostre motivazioni e quali sono i nostri obiettivi. La nostra soddisfazione è che siamo stati abbastanza convincenti, tant’è vero che abbiamo già cominciato delle collaborazioni, inteso non solo come prototipazione, ma già con l’idea dell’avvio di alcune serie e alcune produzioni.”
Cos’è in particolare che ha attirato l’attenzione di queste grandi aziende?
“L’additive manufacturing è utilissimo per quel che riguarda le pre-serie. Perché anche per una grande società una pre-serie rappresenta un impegno e un rischio, in termini di tempi e investimenti economici. L’additive manufacturing riduce questo rischio significativamente. Poi la prima domanda che ci hanno fatto è se funziona davvero e la risposta è stata ovviamente sì. E in effetti funziona perché il pneumatico lavora quasi sempre a pressioni contenute, che permettono di sostituire il componente in acciaio o in alluminio con queste nuove tecnologie.”
Quali sono i margini di crescita per la stampa 3D nel vostro settore?
Chiaramente non possiamo sostituire ogni componente ma, in un cilindro composto da dieci parti, almeno sei o sette parti possono essere sostituite da altri materiali in confronto a quelli classici, ottenendo quindi un risparmio di tipo economico, ma soprattutto un risparmio a livello tecnologico, di produzione e di progettazione. Abbiamo proposto anche dei design diversi e ancora più efficienti. Senza parlare di quello che, poi, si può applicare in un futuro prossimo come la possibilità di poter direttamente integrare nel progetto quello serve per la tracciabilità, dell’elemento, senza dover passare quindi da una fase di etichettatura, e marcatura. Saltare questi processi fa risparmiare un’incredibile quantità di ore-lavoro. Oltre a non dover avere magazzini pieni di componenti tutti uguali, che poi devono comunque essere smaltiti, o comunque occorre produrne determinati per ottenere un abbattimento dei costi di produzione. Insomma, le prospettive sono notevoli.”
Per questo tipo di applicazioni sono più efficienti i sistemi a filamento o a polvere?
Stiamo parlando di entrambe le tecnologie, perché noi abbiamo diversi sistemi che usiamo. Ultimamente abbiamo integrato le tecnologie a polvere ma inizialmente siamo partiti nel 2016 con una Stratasys Fortus 380 usando esclusivamente ASA e Nylon. Mentre invece, per quanto riguarda le polveri, abbiamo due macchine: una è l’HP 4210, e una è la ProJet 6100 di 3D Systems. E in più, adesso, l’ultima che dovrebbe arrivare, spero tra qualche settimana, sarà una DLP, a resina, e che ci aiuterà assolutamente per un’attività che svolgo anche in prima persona, cioè la modellistica.”
Per quanto riguarda la pneumatica abbiamo parlato di basse pressioni e di polimeri che comunque riescono a sopportarle. Quindi basta un nylon oppure ci vuole un nylon composito? O avete adottato un materiale ancora più forte?
“Lì dipende dall’applicazione. Per esempio, per un componente di una macchina per l’impacchettamento, dove non vi sono particolari richieste, basta un PA12 o un PA11. Laddove invece le applicazioni sono un po’ più specifiche, come il settore medicale o alimentare, ci spostiamo su un altro tipo di polimero, caricato o meno.”
Quinid valutate anche l’utilizzo di polimeri altoperformanti, come PEEK, PEKK o PEI?
“Al momento quello è un aspetto che noi, paradossalmente, abbiamo lasciato un attimo da parte perché riguardava principalmente le tecnologie a filamento. Per quanto riguarda la mia esperienza, per quanto sia simpatico e economico, il filamento non è ideale per applicazioni particolarmente complesse sotto l’aspetto geometrico. Molte delle macchine che offrono supporto per PEEK o CarbonPEEK usano un supporto breakaway, che rende troppo complesso produrre canali interni, cosa che invece mi consente la cara vecchia Stratasys, che ha un supporto solubile.”
Certo, è chiaro che le geometrie sono limitate. Stratasys comunque offre l’ULTEM, come materiale….
“Sì, assolutamente, ma non sulla 380. È stato fatto un upgrade per quanto riguarda i materiali compositi, e la cosa è interessante. L’unico handicap di Stratasys, e questo mi premerà ricordarlo al nostro referente, è il prezzo dei materiali, che non è assolutamente in linea con le nostre esigenze produttive. Credo sia anche prematuro parlare di utilizzare il PEEK o PEKK sotto forma di polvere sinterizzabile, proprio per una questione di costi.”
È molto interessante sapere che parco macchine si stia allargando perché ne avete necessità…
Sì, assolutamente, infatti presto faremo anche proprio un evento ufficiale per la presentazione del nuovo parco tecnologico, qua da noi in Friuli, perché, appunto, avendo già l’esperienza pregressa nella progettazione, svolgiamo un lavoro sinergico. Abbiamo due o tre stazioni per quanto riguarda le analisi topologiche e le analisi FEM di tutti i componenti, quindi è molto più articolato di quello che potrebbe essere un qualsiasi service di stampa.”
Come si traduce tutto questo nel lavoro che fate per l’industria navale?
“L’ambito navale per noi è l’industria degli yacht e delle navi da crociera, ed è il nostro core business. Sotto l’aspetto ingegneristico, abbiamo sviluppato tutta una serie di strumenti e di supporti proprio per componenti che vengono montati a bordo delle navi. Ad esempio, supporti per sensori intuitivi, piuttosto che altri accessori di copertura, cover speciali, strumenti di misurazione, per quanto riguarda le velocità di refrazione dell’aria nelle cabine passeggeri.”
Quali sono ora i vostri prossimi progetti?
“Vogliamo creare qualcosa proprio ex-novo, soprattutto in Regione, ed espanderci a livello globale. Prima per abbracciare sia il mercato dell’est, al quale siamo particolarmente legati e poi spingerci oltre. Il carattere internazionale ce l’abbiamo già.”