HP 3D Printing entra nel mondo della manifattura e apre l’era della mass customization

La promessa che la stampa 3D, cioè la manifattura digitale additiva, avrebbe completamente cambiato tutte le logiche della manifattura industriale è ancora largamente inespressa, confinata a un ristretto numero di produttori di stampanti 3D e limitata dagli alti costi dei materiali. Tutto questo sembra ora destinato a cambiare radicalmente con l’entrata sul mercato del colosso HP, che ha appena svelato la versione definitiva delle sue prime stampanti 3D, le HP Jet Fusion 3D 4200 e 3200, sviluppare e commercializzate attraverso la divisione HP 3D Printing di Barcellona.
Una nuova tecnologia
A differenza di tanti altri grandi nomi, HP non ha semplicemente acquistato una tecnologia. Negli ultimi cinque anni, tutto il team HP 3D Printing, basato a Barcellona, ha dedicato ingenti risorse a sviluppare una nuova tecnologia di stampa 3D, chiamata Multi Jet Fusion (MJF).
Questa tecnologia prende gli elementi più validi di tutte le tecnologie pre-esistenti (in particolare la sinterizzazione laser e la fusione di filamento) e le migliora ulteriormente, offrendo capacità produttive senza pari e in grado di competere direttamente con i processi tradizionali, anche in termini di costi, persino sulla produzione di decine di migliaia di parti.
La stampante 3D di HP è in grado di realizzare oggetti in plastica (nylon PA12) più precisi, lisci e resistenti di qualsiasi altra tecnologia e, oltretutto, può farlo a costi molto più contenuti e a una velocità molto più elevata.
HP 3D Printing e i Materiali aperti
La vera rivoluzione della stampante 3D di HP è nei materiali. Prima di tutto saranno materiali “aperti”, quindi qualsiasi produttore di plastiche potrà svilupparli e venderli attraverso in “marketplace digitale”. Questo contribuirà a ridurre drasticamente i costi delle polveri plastiche e ad aumentare la scelta.
L’aspetto più affascinante, però, è che attraverso la tecnologia MJF sarà possibile controllare e modificare digitalmente i materiali stessi a livello di “voxel”. Un voxel è l’equivalente di un “pixel” ma fisico e in tre dimensioni. Cioè è la più piccola unità digitale di materia in un oggetto.
Al momento del lancio è disponibile solo un materiale ma i progressivi upgrade di software e hardware permetteranno di alterare i colori e persino le proprietà meccaniche dei singoli voxel di materiale.
Costi accessibili
Tutto questo sarà disponibile a partire da $120.000 per la versione 3200 (a cui si aggiungono circa $25.000 per la stazione di post lavorazione e raffreddamento rapido, che però è optional) Stampanti SLS con dimensioni comparabili (400 x 300 x 400 mm) possono costare anche più del doppio, se non il triplo. Se poi aggiungiamo che può produrre fino a 10 volte più rapidamente e che il sistema open dei materiali dovrebbe farne scendere drasticamente il prezzo, è facile capire come le dinamiche del mercato della stampa 3D verranno completamente scardinate o, per usare un termine inglese caro alla stampa 3D, “disrupted”.
Questo però è solo l’inizio. La possiblità di produrre oggetti multicolore di alta qualità e ad alta resistenza aprirà le porte alla produzione digitale di massa e su misura, la mass customization. Introducendo, con la stessa tecnica di stampa, anche gli inchiostri nanoparticellari conduttivi per l’elettronica integrata, sarà possiible realizzare oggetti funzionali, in grado di trasmettere, ricevere ed elaborar informazioni. In altre parole, si apre la porta per la vera l’IoT (non quella degli smartwatch ma quella dei veri oggetti intelligenti).