Faccia a faccia con il FabLab di Barcellona, la fucina europea delle idee
I FabLab rappresentano solo uno dei tanti volti legati alla fabbricazione digitale, ma alcuni progetti dimostrano una lungimiranza tale che risulta totalmente impossibile non restarne affascinati sin da subito. Ed è questo il caso dello IAAC FabLab BCN di Barcellona, una vera e propria fucina di idee e di tecnologie di stampa 3D; siamo andati a visitarlo e abbiamo avuto modo di incontrare il direttore – nonché uno dei suoi co-fondatori – Tomas Diaz Ladera.
Nonostante la sua agenda incredibilmente densa di impegni, come è per la maggior parte dei direttori di un FabLabs successo, Tomas è stato estremamente disponibile e siamo stati in grado di parlargli presso il laboratorio situato presso l’Institut d’Arquitectura Avancada de Catalunya, in uno dei quartieri architettonicamente più recenti della città catalana.
“Questo è stato il primo FabLab d’Europa e il nostro scopo è proprio quello di mantenere una certa coerenza in ciò che definisce un FabLab“, ha spiegato Tomas. Perché come spesso succede per i progetti open source, essere “aperto” non significa non ci siano regole, marchi da proteggere o denaro in gioco.La priorità del team del FabLab BCN è quella di proteggere il marchio FabLab Europa: Tomas ha spiegato che questo non è fatto solo per una questione di royalties, ma perché c’è bisogno di mantenere molti elementi in comune tra i laboratori della rete per condividere con successo i progetti a livello globale. “Tutto ciò non può accadere se i membri di un FabLab non hanno accesso agli strumenti adeguati“, ha dichiarato Tomas.
I criteri per essere un FabLab ufficiale sono descritti nella Carta FabLab, un documento disponibile sul sito ufficiale del MIT; al FabLab BCN hanno anche sviluppato il sito Fablab.io che tiene traccia di tutti i laboratori ufficiali di tutto il mondo. Ci sono tre diversi tipi di FabLab, identificabili in base agli strumenti a cui hanno accesso. Un MiniFabLab è più accessibile, mentre un FabLab normale richiede un investimento di circa 100 mila euro – principalmente per le stampanti 3D e gli strumenti per lavorare sull’elettronica. Poi ci sono i FabLabs Supernova, come quello di Barcellona.
“Spesso la gente tende a sottovalutare l’importanza dell’elettronica“, dice Tomas. “Ci deve essere un inventario ricco di componenti SMD (dispositivi di montaggio di superficie) e macchinari per tagliare le tavole e saldare i componenti. Progettare un proprio è un aspetto particolarmente significativo della creatività FabLab“.
I FabLab sono uniti attraverso la FabAcademy, che è uno delle principali risorse per la rete, sia in termini di ricavi che di conoscenze. A tutti questi aspetti si aggiungono le annuali conferenze Fab, con in testa ik Fab10 che si è svolto qui a Barcellona lo scorso anno. I prossimi appuntamenti previsti sono a Boston (sede del progetto FabLab) e Shenzen, in Cina, dove la cultura FabLab potrebbero avere un enorme impatto nel futuro.
Essere un FabLab non significa vivere esclusivamente di donazioni e di offrire tutti i servizi gratuitamente, ma essere dei laboratori in grado di offrire servizi di “pensiero laterale”, di cui differenti aziende possono beneficiare – creando magari posti lavoro per la gente coinvolta. Il FabLab di Barcelona sta attualmente sviluppando alcuni di questi progetti, come la creazione di sensori collegati per le smart city del futuro e il suo progetto figlio, Open Source Beehives. Altre opere in corso d’opera comprendono Fabtextiles e Fabkids.
Come direttore Tomas ci ha fornito una visione chiara di ciò che un FabLab come quello di Barcellona può fare in termini di risultati economici. “Questo FabLab appartiene allo IAAC però è stato completamente autosufficiente per oltre tre anni”, ha precisato. “Lo IAAC guadagna sia attraverso i corsi che offre, sia tramite le attività del FabLab che ora rappresentano circa il 40% dei ricavi“.
“Anche se ‘open’ non significa necessariamente gratis, tutti possono liberamente aderire a un FabLab, al contrario di ciò che accade con i ‘mkaerspaces’ e i ‘hackerspaces’, anch’essi teoricamente liberi ma meno accessibili ai nuovi arrivati“, ha continuato Tomas. “A Barcellona abbiamo hackerspaces, makerspaces, makercafe e centri di stampa 3D; in pratica, c’è spazio per tutti per lavorare assieme verso la creazione di un nuovo approccio condiviso alla creatività e produzione“. Un obiettivo che crediamo sia – o quantomeno, dovrebbe essere – l’obiettivo comune di tutta l’industria della fabbricazione digitale.