EOS: verso i 30 anni e oltre

EOS ci ha recentemente ospitati presso il Kilometro Rosso per offrirci una panoramica sullo stato attuale della manifattura additiva. I relatori qui intervenuti – provenienti dalle più disparate realtà professionali – hanno ciascuno raccontato l’esperienza della propria azienda nel campo dell’additive manufacturing, in base al settore industriale di provenienza.
Un kilometro di tecnologia

A inaugurare l’evento è stato Salvatore Majorana, direttore di Kilometro Rosso, che con entusiasmo ha recentemente colto le opportunità offerte dall’additive manufacturing per espandere l’Innovation Centre proprio lì, dietro al monolitico muro rosso che si stende al fianco dell’autostrada A4, nei pressi dell’uscita di Dalmine. Ha sottolineato Majorana: “Se c’è un ruolo che un parco scientifico deve avere è quello di rendere aperte e accessibili le nuove tecnologie a tutte quelle aziende e persone” – qui, ogni anno, ne passano circa 10.000 – “che vi ruotano attorno”.
Grazie a EOS e AEROTEC, l’automazione è completa in casa Mercedes

D’altronde, non è più un segreto che nella manifattura additiva risieda una delle chiavi di volta per cavalcare quell’Industria 4.0 che in Europa si sta già concretizzando in efficientissime linee produttive. Tomas Weitlaner, Business Development Director di EOS, ci ha qui portato l’esempio di NextGenAM una produzione completamente automatizzata (ossia senza l’ausilio di alcuna attività manuale) per la realizzazione di componenti per autocarri.
Sorta a Varel, in Germania, dalla collaborazione tra Mercedes, EOS e Premium AEROTEC. NextGenAM è l’esempio di come si possa uniformare e automatizzare ogni passaggio produttivo “semplicemente” connettendo quattro laser EOS M 400-4 per la stampa 3D di materiali metallici con una rete di robot e veicoli a guida autonoma (al seguente link potete trovare tutte le informazioni più specifiche nel comunicato ufficiale). NextGenAM riassume la vision di EOS per il futuro dell’additive manufacturing: perlomeno fino al 2021, anno in cui EOS porterà sul mercato la sua nuova tecnologia LaserProFusion (10 volte più veloce grazie a un milione di diodi laser).
Wärtsilä e lo tsunami della manifattura additiva

Giuseppe Saragò è Quality & Project Manager – PMP di Wärtsilä, azienda finlandese da circa 19.000 dipendenti sparsi su 80 nazioni e che, storicamente, è nota sia per i suoi motori nautici da 20 megawatt (se una normale utenza domestica è di 3 kw basta fare due conti per capire che uno di questi motori potrebbe illuminare un quartiere bello popoloso) sia per il settore energy. “Giusto per dirvene una”, spiega Saragò, “su una nave da crociera l’80% di quello che vedete, a eccezione degli interni, può essere fornito da Wärtsilä”. Va anche detto che i componenti alla base di questo business non sono proprio piccolini: la testa cilindro del motore più potente, per esempio, ha mezzo metro di diametro. Nonostante ciò, racconta Saragò: “Nel 2010 ci siamo detti: ‘dobbiamo investire nel 3D printing’ quindi abbiamo adottato un modello rapid prototyping & visualization ma era quasi un gioco”. “Nel 2014 abbiamo iniziato a entrare nella tecnologia delle polveri ma l’esperienza si era conclusa stabilendo che quella tecnologia non offriva ancora la qualità richiesta. Siamo ripartiti nel 2016 limitandoci alla stampa di pezzi singoli o cercando di sostituire parti complesse con un’unica stampa 3D e, ancora, per prototipaggio” ma il risultato viene oggi etichettato da Saragò come ‘un disastro’. Tutte le compagnie che si preparano ad intraprende un viaggio nell’additive si trovano a dover affrontare un vero e proprio tsunami, perché devono cambiare anni, decenni di storia” – Wärtsilä è stata fondata nel 1834! – “del proprio design e del proprio processo e ripensarlo”.
Alla luce di questo Wärtsilä è quindi nuovamente ripartita cambiando il proprio modo di concepire la stampa 3d e avviando un cammino che possiamo sintetizzare in quattro tappe:
- RE-THINK DESIGN: “La questione”, spiega Saragò, “non è qual è la stampante tecnologicamente più avanzata o quella più costosa. Vero, ci lasciamo affascinare dalla tecnologia ma l’approccio più smart è quello di combinare insieme le tecnologie additive per massimizzare quello di cui si ha più bisogno. Ricordate che l’additive non è una tecnologia ma una serie di tecnologie. Il vero trucco è ripensare completamente il proprio processo produttivo e quello che si vuole ottenere con l’additive senza andare subito sull’investimento bensì pensando prima qual è la funzionalità che si vuole raggiungere e perché l’additive ci può dare una mano tecnologica”.
- LEARNING BY DOING: completa libertà di sperimentazione purché focalizzata. È solo sperimentando in prima persona che si può crescere. “Se un’azienda pensa che questa tecnologia non faccia per lei o aspetta che sia più matura farà la fine di Nokia e prima o poi uscirà dal mercato”.
- COMPETENCE CONTAMINATION: liberare la creatività ad ogni livello arricchendo il bagaglio di conoscenze storicamente radicate nell’azienda.
- INTENSIVE TEAMWORK & BREAK SILOS THINKING: Bisogna saper agire non da soli ma come un’orchestra, ovvero dar vita a un network di collaborazioni tra più aziende. In particolare Wärtsilä ha contribuito alla nascita e al supporto di reti internazionali come AMEXCI (insieme ad altre aziende hanno costruito un grande centro in cui condividono le proprie conoscenze di base sulla stampa 3D) e, in Friuli, ADDITIVE FVG (che con EOS ha avviato ADDITIVE FVG SQUARE, uno spazio condiviso e aperto alla collaborazione dedicato allo sviluppo delle competenze delle imprese nell’ambito delle tecnologie additive). “Da quel 2016 la crescita in termini di additive in Wärtsilä è stata esponenziale”. E per dimostrarlo, Saragò ha voluto mostrarci il primo accessorio di sollevamento costruito mediante additive manufacturing certificato (con un Type Approval Certificate emesso in accordo all’Additive Manufacturing Rules Bureau Veritas grazie anche alla collaborazione con Bureau Veritas ed EOS).
Ci vuole un fisico… nucleare!
Sul piano della ricerca è qui poi intervenuto Adriano Pepato, Responsabile Servizio Progettazione Meccanica dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) di Padova. Detto a grandi linee, il team di Pepato si occupa di studiare i componenti fondamentali della materia e delle leggi che li governano e, nello specifico, sta seguendo la sperimentazione della manifattura additiva con materiali metallici. “Questa iniziativa coinvolge non solo la sezione di Padova ma anche il laboratorio nazionale del Gran Sasso e, probabilmente a breve, l’Università di Genova”, spiega Pepato. “Abbiamo essenzialmente due macchine EOS: una più piccola (una EOS M100) per prototipaggio e una di dimensioni intermedie (una EOS M280) su cui trasferire i parametri per poter realizzare i componenti”.

Le attività dell’INFN sono molte: “Da una parte c’è tutta la fase di coaching e di training che viene condotta in collaborazione con EOS e con i vari dipartimenti universitari di ingegneria“, continua Pepato. “È poi nostra intenzione creare una rete aperta tra gli enti di ricerca per sviluppare progetti di studio rendendoli poi fruibili in maniera totalmente trasparente. Inoltre, abbiamo creato una rete con le aziende per lo sviluppo di nuovi materiali. In questo momento i materiali che stiamo sperimentando con la stampa 3D sono il rame e le sue leghe ma anche il tantalio e il tungsteno. Il problema è che molte di queste aziende con cui collaboriamo, seppur contraddistinte da fatturati elevati, spesso non hanno dimensioni, budget e competenze necessarie per valutare questo tipo di tecnologie. Il più delle volte, poi, quando queste si rivolgono a un service fanno semplicemente la trasposizione del disegno di un pezzo fatto in sottrattivo e lo traducono in additivo valutando solo il costo macchina. Così facendo è già tanto se possono trarne il 10 percento del vantaggio. Per questo credo sia necessario supportare e propagare questo tipo di tecnologia. Quello che a noi interessa moltissimo è anche creare network sia di tipo classico (tra i dipartimenti d’ingegneria ma anche con Bruno Veritas per la certificazione dei materiali nonché collaborando con Friuli Innovazione, il Polo Meccatronica a Rovereto e i Laboratori del Gran Sasso) sia più specifico (come lo sviluppo – assieme ad aziende specializzate – di polveri specifiche)“.
Da Torino a Detroit il passo è breve per la stampa 3D!
Per il settore automotive è poi intervenuta Flavia Iemma, Corporate Buyer di GM Global Propulsion Systems (General Motors). GM è uno dei maggiori produttori di veicoli al mondo, ha sede a Detroit negli Stati Uniti ed è stata fondata nel 1908. Il suo centro di Torino è invece relativamente giovane: nasce infatti nel 2005 da una collaborazione durata circa un anno tra FIAT e General Motors per la creazione e sviluppo di motori diesel. GM ha comunque tenuto attivo il sito di ricerca torinese e in 15 anni l’ha fatto crescere dalle 50 persone inizialmente impiegate alle 700 di oggi. Qui, due anni fa, è nato un team dedito specificatamente all’additive manufacturing con l’obiettivo per la produzione nel settore automotive (al momento ancora distante per le produzioni su larga scala). “5 anni fa un ragazzo della sede di Torino ha iniziato a testare i benefici dell’additive manufacturing nel settore automotive. GM ha sempre avuto delle macchine additive polimeriche (in America ne ha una ventina) con cui ha sinora stampato tools e componenti per test interni ma l’attività prototipale e lo sviluppo delle competenze tecniche nell’additive manufacturing sono nate e cresciute nella sede di Torino con un progetto chiamato Operation Excellence“, racconta Flavia Iemma.

“Abbiamo iniziato testando un centinaio di parti stampate in 3D sia in plastica sia a metallo. I principali benefici che abbiamo registrato sono sia in termini di tempi (dell’ordine del 60% fino a picchi del 90 %), sia nella diminuzione del costo dei componenti: al momento il prezzo del singolo pezzo stampato in 3D è ancora più alto rispetto a quello stampato a iniezione ma la possibilità di non dover più acquistare i costosi stampi a iniezione (nel settore automotive questi possono costare dai 50.000 ai 100.000 EURO) per produrre i tool necessari ma semplicemente stamparli in 3D può comportare già di per sé un vantaggio. Ad ogni modo ci aspettiamo dei benefici non solo dal cambiamento delle modalità di produzione ma anche dai nuovi materiali e da nuove modalità di design“.
Brembo e la proprietà Int(3d)ellettuale
Come abbiamo già visto per le certificazioni, il tema dell’additive non si limita a un mero discorso tecnologico. Paolo Rezzaghi, Legal & Corporate Affairs Department IPR Manager Patent Attorney di Brembo ha qui voluto affrontare lo spinoso tema della Proprietà Intellettuale in ambito additive manufacturing. Tema che per molte aziende come Brembo è sempre stato di vitale importanza. “Fino a poco tempo fa con la stampa 3D si facevano solo dei prototipi, oggi si possono creare dei prodotti finiti”. Online oggi giorno è possibile trovare di tutto. Paolo Rezzaghi ci mostra a tal proposito una carrellata dei loro prodotti che sono stati contraffatti e resi disponibili sul web “passiamo dalle pinze fatte in alluminio completamente fake” denuncia Paolo Rezzaghi “alle plastic cover (mai prodotte da Brembo) delle medesime. Basta digitare su Google la dicitura ‘Brembo 3D files’ per trovare di tutto”, osserva Paolo Rezzaghi.

“A tal proposito il Codice della proprietà industriale (Decreto Legislativo 10 febbraio 2005, n. 30 “Codice della proprietà industriale, a norma dell’articolo 15 della legge 12 dicembre 2002, n. 273”) in Italia ha sinora funzionato bene”. “O, perlomeno, ha funzionato per i prodotti tradizionali, per i brevetti, per i marchi… ma per i modelli 3D la medesima normativa sta zoppicando”. “Le sfide possibili” conclude Paolo Rezzaghi “potrebbero essere diverse e tante: sopratutto, è da rivedere la normativa brevettuale“.
Leonardo (non Da Vinci) si dà all’additive manufacturing.
Per aggiornarci sul settore aeronautico è intervenuto Fabrizio Montagnoli, NDT Engineering Manager & Responsible Level 3 di Leonardo Helicopters. In passato conosciuta a molti come Finmeccanica, Leonardo è oggi un’azienda globale ad alta tecnologia operante nei settori dell’Aerospazio, Difesa e Sicurezza con ricavi per circa 12,2 miliardi di euro. “Io faccio parte della divisione elicotteri”, spiega Fabrizio Montagnoli. “Siamo una divisione che fa elicotteri dalla A alla Z: ci occupiamo della progettazione, della produzione manutenzione customer support e training”.
Già ma perché additive? “Detto in soldoni: tutto è partito con il rapid prototyping del singolo oggetto, oggi si è arrivati a integrare la tecnologia all’interno dei processi industriali robusti che abbiamo in azienda. Siamo un’azienda aerospaziale e come tale abbiamo qualche vincolo e rigidezza normativa in più dalla progettazione alla produzione. Sono comunque macchine che volano e come tale, lasciatemelo dire, hanno qualche criticità in più. Questo comporta dei processi più lenti rispetto ad altri settori. In compenso rispetto all’automotive abbiamo numeri di unità prodotte inferiori e quindi un costo per pezzo più vantaggioso se stampato in 3D. Per quanto riguarda la riproducibilità dei componenti e forme complesse, la stampa 3D ci permette di ottenere oggetti di qualità estrema”.

“Io, occupandomi di controlli non distruttivi ho una visione un po’ meno progettuale ma guardo alle difettologie del processo produttivo e vi assicuro che, per l’esperienza che sto facendo, nell’additive questa è molto piccola, molto fine, non ci aspettiamo grosse difettologie che in altri processi potremmo avere soprattutto in fase iniziale di setup. Fabrizio Montagnoli ha infine testimoniato come la stampa 3D si sia evoluta negli ultimi anni, acquisendo sempre più spazio nei loro budget e, soprattutto, di come si stia lavorando con gli enti preposti: la Federal Aviation Administration (FAA) in America e l’Agenzia Europea della Sicurezza Aerea (EASA) per far entrare nel complesso e rigoroso iter di certificazioni aeronautiche questi nuovi processi produttivi tanto innovativi e soprattutto caratterizzati da una precisione realizzativa senza pari. “Guardando a quello che succede in Leonardo,” conclude Fabrizio Montagnoli “l’additive si è introdotto e ed è partito con Leonardo Elicotteri. Dagli elicotteri si è poi allargato al settore aeronautico. Sicuramente si sta andando e si vuole andare in quella direzione, dirti poi se avverrà domani dopodomani o fra tre anni non lo so”.
Quando 3T fa rima con 3D
A concludere gli interventi è intervenuto Alexandre Pfister Business Development Manager di 3T AM una additive manufacturing (AM) company che offre ai suoi clienti i propri servizi di 3D printing spaziando in un’ampia gamma di settori industriali: aerospace, difesa, automotive, motorsport, industrial, oil & gas, medical e modelmaking. Anche in questo caso non si tratta di un servizio del tipo “stampa e via” ma vi sono tutta una serie di competenze che vengono messe al servizio del cliente per offrire un’ampia gamma di servizi: dal Design for additive manufacturing, prototipazione, costruzione di modelli, sviluppo e lo studio di componenti per produzione di serie.

Trent’anni spesi bene
Buon trentesimo EOS ma che il bello debba ancora arrivare lo ha recentemente mostrato Adam Savage facendo volare una replica dell’armatura di Iron Man realizzata in titanio proprio con le stampanti EOS. Non ce ne voglia la Stark Enterprises ma lo sapevate che le armature stampate in titanio da EOS sono a prova di proiettile?