Cos’è la stampa 3D
L’alba di un mondo nuovo, stampato in 3D
La promessa che in futuro non avremo più nulla ma “stamperemo” al momento tutto ciò che ci serve
Nel caso non ve ne foste accorti è in corso una rivoluzione. Non è violenta e sta cambiando tutto. Gli oggetti che abbiamo, i vestiti che indossiamo, le auto che guidiamo, gli aerei, le case, il cibo, i robot, la medicina e persino gli organi: stiamo iniziando a concepire tutte queste cose non solo come “cose” ma come idee. Queste idee possono essere trasformate in file digitali e riprodotte, modificate e personalizzate per soddisfare le esigenze di ognuno. Presto non compreremo più tante cose tutte uguali, ma poche cose fatte su misura per noi e, quando non ci serviranno più, le ricicleremo per trasformarle in qualcos’altro. Useremo solo il minimo indispensabile per costruirle e non butteremo più via nulla.
Questa è la rivoluzione della stampa 3D, un nuovo paradigma produttivo, questa volta virtuoso. Una rivoluzione che, oltre a cambiare il modo in cui produrremo ogni cosa, promette di sanare i danni causati dallo spreco scaturito dalla prima rivoluzione industriale. Molti tra i più grandi scienziati, studiosi e creativi del mondo sostengono che siamo all’alba di un cambiamento totale, paragonabile solo all’invenzione del fuoco, un modo per trasformare le cose precedentemente inimmaginabile.
Cos’è la stampa 3D
In realtà la stampa 3D ha poco a che fare con la stampa tradizionale ma racchiude in sé diverse tecnologie che esistono dagli anni ’80. Inizialmente si chiamava “prototipazione rapida”, perché veniva usata per creare prototipi direttamente dai modelli digitali, eliminando i passaggi intermedi per la realizzazione di calchi e stampi. Poi ha incominciato a chiamarsi “manifattura additiva”, per distinguerla dai metodi “sottrattivi”, in cui un macchina controllata da un computer realizza oggetti rimuovendo i materiali in eccesso. Con la manifattura additiva si crea aggiungendo strato su strato di materiale (plastica o metallo), usando solo quello che serve, fino ad avere un oggetto finito.
Stereolitografia e Sinterizzazione
Il primo tipo di manifattura additiva è stata la stereolitografia. L’ha inventata Charles “Chuck” W. Hull ed è un processo manifatturiero in cui delle resine liquide (fotopolimeri) vengono colpite da raggi ottici e si solidificano al contatto. Hull ha poi fondato la 3D Systems, che oggi è, insieme alla rivale Stratasys, la più grande azienda di stampanti 3D al mondo.
Oggi le stampanti stereolitografiche vengono usate soprattutto per creare gioielli e protesi dentali e, come spesso accade quando c’è di mezzo la creatività, l’arte e la precisione, tre le migliori al mondo ci sono quelle di Digital Wax Systems, un’azienda italiana.
Esistono molti altri processi di manifattura additiva, alcuni addirittura fondono insieme lamiere di metallo con gli ultrasuoni, altri usano ceramica, carta, gesso. Il processo più avanzato e diffuso a livello industriale si chiama Selective Laser Sintering (SLS). Queste macchine usano un raggio laser che “sinterizza” delle polveri di plastica o metallo, cioè le fonde insieme per creare uno strato solido. Aggiungendo strato su strato si arriva all’oggetto finito. Oggi queste macchine, di cui l’azienda tedesca EOS è il leader indiscusso, vengono già usate per creare i componenti finali di auto, elicotteri e aerei. In Italia le usano aziende come Ducati e Ferrari, o i produttori di jet ed elicotteri, dove i componenti richiedono la precisione millimetrica, anzi micrometrica, che solo queste macchine possono dare.
FDM e Maker
Il processo chiamato Fused Depostion Modeling è probabilmente la ragione per cui la stampa 3D si chiama così. Le stampanti FDM sono quelle che più assomigliano a una stampante inkjet solo che le loro testine, invece di limitarsi a due direzioni, si muovono anche nella terza, l’asse Z, cioè l’altezza. E invece di usare inchiostro usano un filamento di termoplastica, ABS (quella chimica) o PLA (quella biodegradabile), che viene fuso ed “estruso” in strati di circa 100 micron.
Questa loro (relativa) semplicità meccanica ha aperto le porte della manifattura additiva anche alla gente comune e quindi ha richiesto un nome più interessante e immediato, come, appunto, stampa 3D. Da un certo punto di vista la stampa 3D rappresenta la chiusura di un cerchio iniziato con l’invenzione dei computer e di internet: prima abbiamo “virtualizzato” ogni cosa, ora possiamo “de-virtualizzare” gli oggetti digitali.
La (relativa) semplicità strutturale di questi che sono, a tutti gli effetti, dei “robot costruttori”, ha fatto sì che nascesse un vero e proprio movimento di creativi capaci di costruirsi le proprie stampanti 3D, usarle per creare oggetti e addirittura per creare altre stampanti 3D, chiamate RepRap. Tutto rigorosamente open-source, cioè condivisibile gratuitamente in rete: questi sono i Maker. Anche in questo caso l’Italia ricopre ruolo centrale, visto che l’apparato nervoso di i tutti i robot fatti in casa, incluse molte stampanti 3D, è una scheda elettronica chiamata Arduino, progettata proprio in Italia, a Ivrea, da Massimo Banzi.
La stampa 3D di massa
Oggi queste tecnologie non sono più solo per pochi eletti ma stanno diventando accessibili a tutti. Esistono decine di aziende che producono “stampanti 3D personali”, già assemblate, e i colossi dell’industria puntano al mass market. 3D Systems ha presentato la nuova Cube3 e a primavera arriveranno la CubeJet, la CeraJet e la Chefjet, per stampare, rispettivamente, a colori, in ceramica e addirittura con lo zucchero. Stratasys invece punta al grande pubblico attraverso la controllata Makerbot, che ha presentato tre nuovi modelli della serie Replicator, già oggi di gran lunga la stampante 3D FDM più diffusa la mondo.
Eppure è solo l’inizio, siamo solo all’alba ma il fermento si sente ovunque. I chirurghi già usano la stampa 3D per tantissime cose, dalla preparazione pre-operatoria alle realizzazione di protesi su misura. In futuro tutti, ma proprio tutti, useranno queste tecnologie, e le scuole dovranno attrezzarsi per permettere ai ragazzi di imparare a comprenderne le possibilità fin da subito. Con la stampa 3D potremo costruire microprocessori, circuiti, organi, intere case, astronavi, basi lunari. Ricicleremo tutta la plastica che oggi inquina il mondo per creare cose utili e la parte più bella è che ognuno di noi potrà farlo nella propria fabbrica personale, in salotto. Il futuro è già iniziato.
Cosa si può stampare in 3D oggi?
Prototipi e componenti industriali
Le stampanti 3D vengono utilizzate da più di 20 anni, solo che fino a poco tempo fa si chiamavano “macchine per la manifattura additiva”. Ciò significa che producono oggetti aggiungendo strato su strato della materia che li compone (plastiche o metalli). I tre processi di manifattura additiva più diffusi oggi si chiamano fused deposition modeling (modellazione a deposizione di materiale fuso), stereolitografia (resine liquide che si solidificano al contatto con diversi tipi di luce) e sinterizzazione laser (polveri fuse insieme con il laser).
I “Selfie”
Da quando la gente comune ha scoperto le possibilità della stampa 3D, l’immaginazione si è scatenata ma per tanti la prima cosa da creare è stata stata… sé stessi. Attraverso gli scanner 3D oggi è possibile realizzare un modello digitale della propria persona e poi stamparlo. Le macchine più usate per i selfie in 3D sono le Projet x60 e la Projet 4500 di 3D Systems, che creano modelli 3D in gesso e in gesso plastificato usando fino a 6 milioni di colori.
Oggetti di design
Tutti i più importanti designer al mondo hanno capito che attraverso la stampa 3D è possibile dar vita ai loro progetti digitali ben prima di avviare la produzione e, addirittura, di creare scarpe, abiti e oggetti di moda unici e finiti, da indossare sulle passerelle. Con la nuova Objet 500 Connex3, Stratasys, altro grande produttore di stampanti 3D, si possono creare, in una sola “stampata”, oggetti composti da tre materiali diversi, in decine di colori.
Gioielli
Il primo campo in cui gli artigiani hanno iniziato a comprendere le possibilità della stampa 3D è quello dei gioielli e, in questo, l’Italia è all’avanguardia. Alcune tra le migliori stampanti stereolitografiche laser (SLA) per creare i gioielli, infatti, sono prodotte da un’azienda italiana, la Digital Wax Systems (DWS) di Vicenza, mentre le migliori stampanti 3D a metallo per il mondo dei gioielli sono prodotte da Sisma, un’altra azienda italiana.
Cibo
L’idea di stampare il cibo in 3D, in Italia, sembra un sacrilegio ma alcuni cibi si prestano particolarmente, non per sostituire il cibo tradizionale, ma per arricchirlo. Ad esempio con le “glasse geometriche” che si potranno creare con la nuova Chefjet o le facce di cioccolato della Choc Creator V1. Anche Barilla sta lavorando a una stampante 3D per creare “paste impossibili”. Alla pizza stampata in 3D, invece, ci sta pensando un progetto della NASA.
Case
La tecnologia per stampare in 3D le case si chiama Contour Crafting ma è ancora in fase sperimentale. La più famosa stampante 3D di case in cemento è la D-Shape, creata dall’Italiano Enrico Dini. Anche un altro progetto avanzato in questo campo è italiano ed è della società WASP. Gli olandesi, invece, hanno da poco iniziato a costruire un’intera casa di plastica biodegradabile con la gigantesca stampante 3D “Kamermaker”.
Protesi
La stampa 3D permette di creare protesi su misura di qualsiasi tipo, per uomini o animali, a costi estremamente contenuti, ma la richiesta più importante di protesi arriva dai dentisti. Molti produttori di stampanti 3D, quindi, permettono di utilizzare materiali biocompatibili per ogni tipo di innesto dentale.
Veicoli
Il mondo automobilistico, aerospaziale e nautico ha adottato da tempo la stampa 3D per creare prototipi rapidamente. Da qualche anno, però, stampanti a sinterizzazione laser (SLS) come la P386 della EOS, l’azienda tedesca che produce le stampanti 3D industriali di livello più alto, vengono usate anche per creare componenti finali di aerei, razzi ed elicotteri, soprattutto dalle aziende italiane.
Organi
Sembra incredibile invece gli scienziati sono concordi nell’affermare che presto potremo stampare organi come pelle, fegati e reni. Il processo si chiama biostampa e le macchine utilizzate sono i bioplotter, come quello nella foto, prodotto dalla Organovo, che stampano i tessuti usando degli “idrogel” di cellule viventi in modo simile a una classica stampante inkjet.
Qualsiasi cosa
La stampa 3D permette di portare nel mondo fisico qualsiasi idea possiate disegnare in 3D al computer. Oppure anche le idee degli altri. I più grandi produttori di stampanti 3D “consumer”, Makerbot e 3D Systems, hanno creato dei “social network”, Thingiverse e Cubify, in cui condividere le idee digitali e scaricare quelle degli altri per stamparsi a casa propria oggetti originali.
La nanotecnologia
La promessa più grande della stampa 3D è di creare oggetti assemblandoli molecola per molecola, come in Star Trek. Ci vorranno secoli ma intanto è già possibile stampare in 3D oggetti nanoscopici, cioè grandi solo pochi miliardesimi di metro, attraverso un processo chiamato “litografia a due fotoni”.
Il papà della stampa 3D
Come tante tecnologie moderne, anche la stampa 3D ha un papà: si chiama Charles W. Hull ed è l’uomo che nel 1986 ha inventato la stereolitografia, il primo processo che permetteva di creare prototipi solidi rapidamente, partendo da un modello digitale. Hull ha anche inventato il file format stl (che in pratica è l’mp3 delle cose) e ha fondato la 3D Systems, oggi il più grande produttore mondiale di stampanti 3D.
Questo articolo è uscito sul Corriere della Sera del 31-01-2014